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Di Justine Brabant e Amélie Poinssot
Il partenariato siglato mercoledì tra Kiev e Washington apre la strada allo sfruttamento, da parte di società statunitensi, dei minerali, del gas e del petrolio ucraini. Ma le conoscenze su queste risorse sono sommarie e risalgono a un’altra epoca.
Nella lista allegata all’accordo firmato mercoledì 30 aprile tra Kiev e Washington, sono cinquantasette. Cinquantasette minerali e altre materie prime che vanno dall’alluminio allo zinco, passando per il petrolio, il gas, il GNL (gas naturale liquefatto) e le “terre rare”.
Le terre rare sono un gruppo di 17 metalli indispensabili per alcune tecnologie all’avanguardia, in particolare quelle cosiddette verdi. Paradossalmente non sono così “rare”, ma sono difficili e costose da estrarre e la loro estrazione è molto inquinante. Sono tutte incluse nell’accordo appena firmato, ad eccezione di una sola: il prometio.
Questo elenco di “risorse naturali” sfruttabili dai futuri investitori nel “sottosuolo” dell’Ucraina e nelle “sue acque territoriali” – come stabilito dal partenariato che istituisce anche un fondo di investimento – corrisponde alla realtà delle risorse dell’Ucraina? In quali regioni si troverebbero e in quali quantità?
Il carbone, pur essendo abbondante nella parte orientale del Paese, sotto occupazione russa, non figura nell’elenco, mentre le altre materie prime non sembrano essere state oggetto di prospezioni serie. Le conoscenze su queste riserve, in particolare quelle di terre rare, sono in realtà sommarie e gli esperti sono divisi sul reale valore che potrebbero rappresentare.
Per convincere gli Stati Uniti, i servizi statali ucraini hanno tuttavia dato il massimo: un documento di 40 pagine che presenta le «opportunità di investimento» nel settore, corredato di mappe e cifre, con diverse localizzazioni, principalmente nel centro e nell’est del Paese e lungo il Dniepr.
“L’Ucraina possiede 22 dei 50 minerali strategici considerati critici dagli Stati Uniti” e dispone di “sei giacimenti” contenenti terre rare, si legge nella presentazione redatta dal Servizio geologico statale e dal Ministero della protezione dell’ambiente e delle risorse naturali dell’Ucraina.
Il loro sfruttamento consentirà di produrre «100 milioni di tonnellate di fertilizzanti fosfatici e materiali per prodotti elettronici ad alta tecnologia», assicura ancora la presentazione. Ma queste cifre sono estrapolazioni basate su valutazioni risalenti a… diversi decenni fa.
“L’offerta di terre rare di Zelensky si basa su attività di esplorazione che hanno avuto luogo in gran parte tra gli anni ‘60 e ’80, quando lo Stato sovietico stava attivamente mappando la regione”,sottolinea S&P Global, società specializzata in analisi finanziaria (e casa madre dell’agenzia Standard & Poor’s), che ha intervistato diverse fonti del settore e ha ottenuto il registro geologico ucraino.
«Purtroppo non esiste una valutazione recente» delle riserve di terre rare in Ucraina, assicura a S&P Roman Opimakh, ex direttore generale del servizio geologico ucraino. Dei sei giacimenti esistenti in Ucraina, solo uno è stato oggetto di esplorazioni approfondite e possiede riserve considerate sufficienti per essere sfruttate, ma in condizioni «abbastanza difficili», secondo un esperto intervistato. Le esplorazioni sono state abbandonate dopo tredici anni e dalla caduta dell’Unione Sovietica non è stato fatto alcun tentativo di sviluppare il giacimento.
In combinazione con la guerra che ha reso alcuni di essi inaccessibili e con le difficoltà inerenti allo sfruttamento dei minerali rari, il potenziale ucraino potrebbe essere molto inferiore a quanto annunciato, oltre a richiedere anni per concretizzarsi.
Forse questa è una buona notizia per gli ucraini. A capo dell’ONG Ekoaction, l’attivista ambientalista Natalia Gozak non è molto preoccupata per il momento. Secondo lei, questo accordo, che sulla carta potrebbe aprire la strada a un estrattivismo devastante a vantaggio delle potenze straniere, non si basa su alcuna ricerca precisa. «Non può esserci stato nessuno studio condotto dalle autorità ucraine dall’inizio della guerra, poiché la maggior parte delle risorse minerarie si trova nei territori occupati o vicino alla linea del fronte. Non hanno potuto basarsi su altro che su studi risalenti all’epoca sovietica, quando non si disponeva di strumenti di esplorazione così avanzati come oggi».
A questo punto, l’Ucraina vede nell’accordo firmato con gli Stati Uniti un’intenzione molto generica, siglata per la sopravvivenza del Paese, piuttosto che un trattato concreto di sfruttamento. Tanto più che è ancora in fase di elaborazione un trattato tecnico che dovrà precisare una serie di punti. L’avvio dello sfruttamento delle materie prime effettivamente presenti nel sottosuolo ucraino richiederà inoltre anni, poiché per molti minerali le infrastrutture di estrazione sono inesistenti. «L’obiettivo di questo accordo è soprattutto quello di favorire nuovi progetti di estrazione del gas», ha dichiarato a Mediapart.
I giacimenti di gas ucraini sono colossali. Si trovano in gran parte, come il petrolio, nel Mar Nero, ma non solo. Nel 2020, tre ricercatori ucraini hanno cercato di fare il punto della situazione nella rivista dell’Università statunitense di Harvard. «Le notevoli risorse naturali dell’Ucraina nel settore energetico rimangono sottosfruttate e sottoutilizzate oggi», hanno scritto, sottolineando che l’Ucraina possiede le riserve di gas conosciute più importanti d’Europa dopo la Norvegia. Nel 2019 ammontavano a 1,09 trilioni di metri cubi. L’Agenzia internazionale per l’energia (AIE) stima che potrebbero essere quattro volte superiori.
Nel 2012, le multinazionali ExxonMobil e Royal Dutch Shell erano state incaricate dal governo ucraino di sviluppare progetti offshore nel Mar Nero. Tutto questo si è interrotto nel 2014, come ha osservato l’AIE in un rapporto quattro anni fa. Stesso destino nel 2015 per un progetto di sviluppo di gas di scisto nel Donbass, guidato da Shell, che richiedeva 200 milioni di dollari di investimenti per la fase di esplorazione.
Lo sfruttamento delle risorse ucraine da parte di investitori stranieri non è quindi imminente. «Ci vorranno milioni di dollari e nessuna azienda privata si azzarderà a fare investimenti del genere in tempo di guerra», continua Natalia Gozak. Da un punto di vista strategico, è certo che gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a investire nel business degli idrocarburi in Ucraina e che cercano di diversificare le loro importazioni di terre rare per non dipendere più dalla Cina. Ma quando e come avverrà? Impossibile saperlo”.
Infatti, Donald Trump è ossessionato da molti anni dall’approvvigionamento del suo Paese di minerali critici, tra cui le terre rare. Già nel 2019 aveva inviato cinque promemoria al suo ministero della Difesa chiedendo di sviluppare la produzione interna e di garantire l’approvvigionamento di terre rare, descritte come «essenziali per la difesa nazionale». «Gli Stati Uniti importano oggi l’80% dei loro elementi di terre rare direttamente dalla Cina», constatava il presidente in un decreto legge promulgato nel settembre 2020, una dipendenza giudicata «particolarmente preoccupante».
Fin dalla sua rielezione nel 2025, Trump ha ribadito la sua intenzione di lavorare su questo tema. Un contesto che può spiegare le sue minacce di impadronirsi della Groenlandia, dove si trovano importanti riserve di terre rare… E che fa apparire l’Ucraina, con i suoi giacimenti di minerali critici presentati come pletorici, come una manna dal cielo per il miliardario.
Il governo ucraino lo ha capito bene. Dall’estate del 2024, quest’ultimo ha ripetuto che avrebbe offerto ai paesi che avessero continuato a sostenerlo finanziariamente e militarmente un accesso privilegiato alle risorse del suo sottosuolo. Fonti diplomatiche ucraine ci avevano allora confermato che l’argomento era stato elaborato appositamente in vista di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.
È così che il senatore Lindsey Graham, noto per essere vicino al presidente statunitense, si è entusiasmato nel settembre 2024 per i «1’000 miliardi di dollari di minerali» su cui «siedono» gli ucraini e che «potrebbero essere utili all’economia» degli Stati Uniti. L’operazione di seduzione sembra quindi aver avuto successo. E l’Ucraina dovrebbe poter contare nuovamente sull’aiuto militare statunitense.
*articolo apparso su mps-ti.ch